La prima volta che mi sono recato in Olanda era il 1983. Dopo aver frequentato l’istituto alberghiero ed aver iniziato successivamente a lavorare in alcune zone d’Italia quali Cesenatico e Rimini decido, dal momento che mio cugino risiedeva in Olanda già da diversi anni, di recarmi proprio lì, spinto tanto dalla curiosità di vivere un’esperienza diversa, quanto dal desiderio di trovare un lavoro. Ci rimango per tre anni (fino al 1986) per poi decidere di ritornare in Italia e verificare le possibilità di trovare un lavoro non lontano dalla mia famiglia e dal mio paese di origine. Tornato a Palomonte, per un anno faccio la leva militare obbligatoria. Successivamente lavoro presso la fabbrica Alimer a Buccino, poi presso una ditta di costruzioni. Ancora in Sicilia e presso una ditta di illuminazioni di un paese vicino. Tuttavia, di fronte all’avanzare dell’età, non avendo accumulato alcuna forma contributiva dal lavoro svolto fino a quel momento ed insoddisfatto del futuro che sembrava attendermi, in cerca di una garanzia lavorativa e di una certezza per il futuro, nel 1996 decido di recarmi ad Amsterdam da un amico che cercava lavoro nel suo ristorante. Ammetto che Amsterdam era una città in cui fare scelte sbagliate era facile, ma la mia indole prudente e le raccomandazioni di mio padre e di mia madre, mi hanno garantito una vita tranquilla: mai bevuto in eccesso, mai fumato e mai provato alcuna droga. Non bevo neanche il caffè. Come molti prima e dopo di me, ho tentato di trovare lavoro a Palomonte o nei dintorni, ma senza successo. Confesso di non aver mai preteso molto, se non il minimo che mi potesse garantire una vita dignitosa.
Sfumata per troppo tempo questa possibilità, mi convinco a partire per la seconda volta per Amsterdam, ma questa volta decido di rimanerci stabilmente. Avevo 30 anni e ad oggi ne ho già trascorsi lì 21. Durante questi anni ho sperimentato l’efficienza di una grande città, ma anche conosciuto l’assenza di quel calore che contraddistingue un piccolo paese di provincia come il mio dove tutti si conoscono. Ad Amsterdam, dopo qualche anno di lavoro in alcuni ristoranti del posto, decido di aprirne uno tutto suo nel 1999, di cui sono gestore ancora oggi. Ogni anno torno a Palomonte almeno una volta. Ho una famiglia ad Amsterdam, una moglie, due bambini di 12 e 14 anni con cui torno nel mio paese natio nel periodo estivo sia per ritrovare i miei familiari, sia per respirare l’aria di casa. Il paese è rimasto quasi come lo ricordavo e penso ai prefabbricati o alle strade dissestate. Sono dispiaciuto per questo. Avrei voluto e vorrei un paese, un vero paese. Se potessi, porterei qui un po’ dell’efficienza che ho conosciuto ad Amsterdam e, viceversa lì, la sensazione che provo stando qui. Ricordo quando ero giovane e mi rammarico di aver visto poche volte l’intraprendenza farsi strada nei giovani palomontesi. Non cambierà mai nulla se nessuno farà nulla. Bisogna agire, ed agendo bene si può cambiare la propria vita. Palomonte ha grandi potenzialità. Ha perso molte occasioni, ma non ne mancheranno altre. Sono fiducioso. Palomonte può migliorare, basta avere il coraggio di fare. Mi piacerebbe tornare qui, ma ad Amsterdam ho famiglia, lavoro, e molte più certezze. Amo la tranquillità del paese che preferisco al caos tipico della città, e mi sento a mio agio a trascorrere del tempo, come facevo da giovane, all’ombra degli alberi. Non c’è un posto, una strada, un odore che non mi ricordi qualcosa del mio passato: andavo a scuola a piedi percorrendo sempre la stessa strada non asfaltata, mungevo le capre e insieme ai miei genitori spesso mi recavo presso la fontana vicino casa a prendere l’acqua: era la normalità, quella normalità che mi piace rivivere ritornando a casa ogni estate.
A cura di Giuseppe Caputo