Mi chiamo Giovanna Giannuzza Cervino e sono nata a Palomonte il 23 Giugno 1953. Abito a Toronto, in Ontario (Canada) e il mio destino era di emigrare per amore. Mi sono sposata l’8 Settembre del 1973 con mio marito Mario Moser, che però abitava in Canada, ragione per la quale decisi di abbandonare il mio paese. Ancora oggi ho nostalgia di ciò che ho lasciato: la famiglia, le persone a me care e i luoghi che hanno segnato la mia infanzia. Ho un ricordo nitido della casa in cui ho trascorso la mia giovinezza, della forgia, dei negozi in cui mi piaceva recarmi e degli animali che ero abituata a pascolare. È stato difficile lasciare tutto questo, anche se ho sempre pensato di averlo fatto per una giusta causa. Non mi sono pentita di essere partita, ma questo non significa che non abbia sofferto. Partire verso l’ignoto diretta verso un paese straniero e con la consapevolezza di lasciarmi alle spalle ogni certezza non è stato facile, ma per amore si è disposti a qualunque sacrificio. Adesso ho due splendidi figli, Arvin e Danny, e sono felicemente sposata da 44 anni. Sin dalla mia partenza ho sognato il mio paese e la mia famiglia. Sognavo di abbracciare i miei cari e di vivere di nuovo in quei luoghi che con tanto rammarico ho lasciato. Non trascorreva minuto in cui non pensassi al mio paese. Mi mancava da morire. Mi ripetevo che, se fosse stato possibile, sarei ritornata volentieri anche solo per un saluto, ma la distanza a quei tempi non lo permetteva. Ho versato tante lacrime per il mio paese e molte le sto versando adesso mentre scrivo la mia storia. Per accorciare le distanze ed essere più serena chiamavo spesso i miei genitori: la sola voce mi bastava per sentirmi più vicina a coloro che amavo e che amo.

Sono partita alla volta del Canada il 26 Settembre del 1973 e qui ho svolto diversi lavori, prima in banca e poi in aeroporto. La vita è molto diversa da come ero solita trascorrerla in Italia: qui c’è quel rispetto delle regole del vivere civile che non avevo mai conosciuto a Palomonte. Sono ritornata per la prima volta a casa, la mia vera casa, dopo cinque anni dalla partenza e ho provato un’ insolita sensazione di estraneità. In Canada avevo conosciuto la buona educazione ed avevo dimenticato quanto fosse scontato nel mio paese dire “grazie” o “per piacere”. Ho trovato Palomonte diverso rispetto a come lo ricordavo. Adesso ci sono più case, più negozi e si sono diffuse abitudini che prima neanche esistevano: incontrarsi al bar la mattina per fare colazione, andare in gita, organizzare feste e balli. Negli anni 70 la vita dei paesi di provincia era particolarmente difficile. Tutti avevano poco, ma quel poco che avevano era prezioso. Oggi abbiamo dimenticato il significato dell’avere una casa, un letto comodo in cui dormire e diamo tutto per scontato. Persino il bene che proviamo facciamo fatica a dimostrare e non c’è più quell’armonia che solo il poco che avevamo sapeva far apprezzare fino in fondo.

Ricordo quando ci riunivamo per ballare, il fuoco che si accendeva a Bivio il 19 Marzo in onore di San Giuseppe, il cinema all’aperto e le feste di paese. Ancora, ricordo quando lavoravamo nei vigneti e i momenti della trebbiatura e della mietitura del grano durante i quali ci piaceva cantare. Posso ancora sentire l’odore della pasta col sugo, della frittata, della salsiccia immersa nella salsa e del pane fatto in casa, dell’uva appena pressata o del formaggio di capra e poi il vino, tanto vino. Il solo pensare a tutte queste cose mi fa venire l’acquolina in bocca. Qui in Canada ho trovato la mia seconda casa e la mia seconda famiglia. Nel corso del tempo sono tornata spesso a Palomonte, l’ultima volta l’anno scorso. Il paese è cambiato, ed anche le persone sono cambiate. Nonostante il tempo trascorso, io mi sento ancora italiana. Il mio sangue è ancora italiano. Palomonte è il paese in cui sono nata e che mi ha ospitato per 20 anni: per questo lo amo e per questo sarà sempre la mia casa.

A cura di Giuseppe Caputo

 

 

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