Mi chiamo Gerardo Conte e sono nato 02/11/1957 a Palomonte. Sono il genero di Vito Benevenga, di cui avete raccontato la storia e di cui io ho sposato la figlia Carmela. Il mio primo viaggio da emigrato l’ho fatto in Germania all’età di 13 anni. In un territorio che non conoscevo, lontano dalla mia casa e dalla mia famiglia, ho svolto il lavoro di cameriere per 10 anni, dal 1971 al 1981, anno in cui mi sono spostato in America, sia perché lì ho conosciuto quella che sarebbe diventata mia moglie, sia perché mi era stata offerta un’occasione di lavoro importante nel New Jersey. Qui in Italia avevo incontrato la moglie del titolare di una fabbrica venuta in vacanza insieme ai suoceri, la quale mi offrì la possibilità di parlare con suo marito, originario di Palomonte ed amministratore della PNC Inc, fabbrica che si occupa ancora oggi della costruzione di impianti elettronici. Grazie al suo aiuto, dopo pochi giorni dal mio trasferimento a Nutley (anche sede della PNC Inc) inizio a lavorare nel New Jersey. Da quel momento sono ritornato in Italia almeno una volta all’anno, cosa che faccio tuttora per via di mia madre che abita stabilmente a Palomonte. Dal giorno in cui sono emigrato, tutto il paese è cambiato, Bivio in particolare. Non solo. È mutato anche il modo di vivere della gente: da piccolo ricordo che ci si muoveva con il mulo e pochi avevano l’auto, anche perché non esistevano strade come oggi. Si comunicava con i propri parenti o con gli amici lontani spedendo lettere e non chiamandoli con un telefono. L’acqua si raccoglieva solo presso le fontane pubbliche, luogo in cui si lavavano i panni e dove era sempre necessario rispettare la fila di gente che si recava lì per fare scorta di acqua. Quando ritorno a Palomonte, oggi, trovo molta professionalità rispetto ad un tempo, cosa che mi ha sorpreso in positivo. Quando ero giovane non avevo molto tempo da perdere, ragion per cui ero sempre alla costante ricerca di qualcosa da fare, anche per sopperire alla mancanza di una lavoro stabile. Oggi, invece, noto che molti giovani hanno perso lo spirito di sacrificio che, secondo me, ha contraddistinto la mia generazione. Sarà perché il contesto sociale e culturale è differente, vuoi perché i tempi sono cambiati, i giovani d’oggi sono molto meno disposti a fare lavori umili partendo da zero. Forse la risposta sta nel fatto che noi non avevamo niente e vivevamo con gran difficoltà, cosa che ci spronava a fare di tutto, mentre adesso i comfort garantiscono uno stile di vita migliore, che spinge un ragazzo a mantenere una condizione iniziale che è già dignitosa. Molti palomontesi, soprattutto i più giovani, hanno una cattiva considerazione di questo paese. A ragione ritengono che non offra molte possibilità lavorative, a torto, invece, che sia un brutto paese. Se tutti noi lo avessimo conosciuto 30 o 40 anni fa, oggi saremmo meno convinti delle nostre opinioni. Ovviamente trovo anche io che ci siano delle mancanze qui a Palomonte: ci vorrebbe un piccolo cinema o una sala dedicata alla visione di film, un parcheggio o un viale da dedicare solo al passeggio. Adoro le sagre di paese non tanto per il cibo in sé, ma perché ho l’impressione di tornare indietro nel tempo: sento odori che fanno riaffiorare ricordi, mangio cibi che parlano del mio passato ed io mi sento a casa. Sarebbe bello che nel periodo estivo si organizzassero degli eventi dedicati agli emigrati, un modo per trascorrere del tempo in modo piacevole, un’occasione per ritrovarsi e conoscere le storie di chi, come me, è andato via da un paese che non ha mai dimenticato. Torno a Palomonte sempre con gioia e ritornerò ogni volta che ne avrò l’occasione, fino a quando la vita mi darà la forza di farlo.

A cura di Giuseppe Caputo

 

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