Mi chiamo Antonio Cupo e sono nato nel 1939 a Palomonte, paese che ho lasciato per la miseria e il poco lavoro. Ho ancora la nazionalità italiana. Sono felice di come ho vissuto e delle scelte che ho fatto. Da piccolo nel mio paese di origine ho conosciuto solo il poco che c’era: mancavano scarpe, pantaloni e la scuola si frequentava fino alla quinta elementare. Ricordo quando all’età di cinque anni spesso vedevo i disertori di guerra aggirarsi per le campagne prendendo finanche quel poco che c’era: era la fame ai tempi della guerra. Sono partito in treno nel 1962 all’età di 23 anni subito dopo la leva militare, direzione Germania. Sono rimasto lì per tre anni, fino al 1965. Nel territorio tedesco mi sono poi trasferito da Hermstedt, dove risiedevo, in un paese non lontano da Wolfsburg. Recandomi di frequente in trasferta, oltre alla tradizionale misera paga in fabbrica, riuscivo a guadagnare anche 50 marchi al giorno. Durante il lavoro mi capita di conoscere un ragazzo che mi offre la possibilità di affittare una camera insieme ai suoi nonni e a un prezzo stracciato. Decido di accettare e mi trasferisco da loro. Inizialmente marito e moglie si mostrano diffidenti nei miei confronti, fino a quando un giorno, spontaneamente, decido di vangare il giardino di casa. Da quel giorno, quel piccolo gesto ha modificato radicalmente l’atteggiamento dei due anziani: mi aspettavano quando ero in trasferta, cucinavano e lavavano per me. Decidono perfino di non farmi pagare più l’affitto. Dopo qualche anno mi sono trasferito in Francia, dove ho lavorato per 25 anni come responsabile in una società. Non abito né in città né in campagna, ma al confine fra due realtà: Maxéville e Nancy. Sono un grande lettore e amo scrivere poesie, molte delle quali le ho già donate a diverse scuole di Palomonte. Rispetto al giorno della partenza oggi sono contento di vedere il mio paese cambiato. Prima non c’erano strade, auto, acqua o luce, niente. Io sono nato nella povertà, ma oggi chi nasce a Palomonte nasce ricco perché possiede almeno quel minimo tale da garantire una vita dignitosa. La mia non era una vita dignitosa. Aria pulita, buon cibo e un magnifico paesaggio, cosa chiedere di più? In virtù dell’infanzia trascorsa in povertà confesso di non tollerare gli scansafatiche. I giovani devono sapersi adattare e, se ci sono riuscito io che non avevo molte possibilità, possono riuscirci tutti. Non mi piace l’aspetto del centro storico di Palomonte e ritengo ingiusto che dal terremoto del 1980 quel pezzo di paese ancora non sia stato ricostruito. Il mio paese merita più di questo. Vorrei che l’amministrazione comunale riservasse delle abitazioni a tutti coloro che, per esigenze diverse, sono stati costretti ad emigrare da Palomonte. Mi sento un palomontese prima ancora che un italiano o un francese. Ammetto di tornare a Palomonte per riscoprirlo, ma anche per conoscere meglio come vive oggi la gente qui. Mi piacerebbe parlare con i giovani palomontesi perché sono incuriosito dal loro stile di vita. Tornerei a vivere a Palomonte, se potessi. Qui c’è tutto quello che serve per vivere e per vivere bene. Io sono nato qui, come posso dimenticare il luogo in cui sono nato? Posso avere l’oro del mondo in Francia, ma la mia mente, sempre, ogni giorno, ritorna a Palomonte. Penso a com’era e com’è, alla gente che conoscevo e a quella che ho conosciuto, ai miei familiari.
A cura di Giuseppe Caputo